2) DANTE È MOLTO “ATTESO” ALLA VISTA DELLE LUCCIOLE DELLA VALLE INFERNALE DEI FRAUDOLENTI DELL’OTTAVO CERCHIO.

Il canto XXVI inizia con una mirabile similitudine di descrizione della ottava bolgia dell’inferno dove sono giunti i consiglieri fraudolenti che vagano racchiusi in fiammelle con lingue di fuoco.

Così come dice il poeta:

“il contadino la sera d’estate, “quando la mosca cede alla zanzara”,

mentre si riposa sul poggio dei campi dove lavora

vede risplendere di tante lucciole tutta la valle,

nello stesso modo tutta l’ottava bolgia appare al poeta

che comprende subito che “ogni fiamma un peccatore invola”.

Dante è molto “atteso” alla vista delle lucciole della valle infernale è in piedi su un ponte, in posizione pericolosa, che se non fosse aggrappato ad un masso sporgente potrebbe sprofondare in basso.

Virgilio nota la tensione di Dante alla vista di tanti fuochi (ma non realizza che il poeta ha già compreso che si tratta di peccatori) e gli spiega che dentro ai fuochi ci sono gli spiriti dei dannati, ciascuno dei quali si fascia di quello da cui è acceso, cioè la fiamma infernale (“catun si fascia di quel ch’elli è inceso”).

I dannati sono appunto i consiglieri fraudolenti e il loro contrappasso consiste nell’essere avvolti da lingue di fuoco, per analogia con le loro stesse lingue che furono strumento di frode, e nascosti dentro alle fiamme così come da vivi celarono la verità per ingannare gli ingenui.

Dante nota che due dannati sono uniti da un sol fuoco che si divide “sopra la pira” similmente a quella di Eteocle e Polinice; i due fratelli nati dal rapporto incestuoso tra Giocasta e suo figlio Edipo, che si erano uccisi a vicenda e quando i loro corpi vennero bruciati tanto forte era l’odio tra i due che anche la fiamma del rogo di morte si divise.

Stessa cosa per la fiamma di Ulisse e Diomede che sono puniti per le azioni che hanno compiuto, tutte ispirate ed alimentate dalla astuzia e superbia… e “canoscenza”.

Ulisse nell’inferno di Dante