3) ULISSE E DIOMEDE NELL’OTTAVO CERCHIO E NELLA OTTAVA BOLGIA INFERNALE DEI CONSIGLIERI FRAUDOLENTI.

Siamo nella ottava bolgia infernale, nell’ottavo cerchio, quello dei consiglieri fraudolenti.

Il poeta scorge una fiamma doppia sopra due peccatori e Virgilio gli spiega che si tratta di Ulisse e Diomede puniti assieme per:

  • il trucco del cavallo di Troia;
  • la scoperta di Achille travestito da donna per non andare a combattere contro Troia;
  • il furto del Palladio che proteggeva la citta di Troia.

Dante purtroppo non conosceva l’Iliade e l’Odissea e quindi nemmeno i numerosi altri “peccati di astuzia e curiosità fraudolenta” commessi da i due e raccontati appunto nell’Iliade e l’Odissea (alcuni ripresi anche da Virgilio nell’Eneide) quali:

  • l’accecamento del ciclope POLIFEMO figlio di POSEIDONE dio del mare;
  • Ulisse nel golfo di Salerno si fa legare all’albero della sua nave per poter ascoltare la voce ammaliatrice e premonitrice delle sirene (con il volto di creature bellissime e metà con il corpo di un uccello) ma non le segue e quindi sfugge alle loro melodiose promesse;
  • Scilla (emisfero sinistro e logico del cervello umano) e Cariddi (emisfero destro del cervello umano dove albergano le emozioni umane) Ulisse si salva da i due mostri marini dello stretto di Messina seguendo i consigli di Circe e della sua astuzia;
  • Ulisse discende nell’Ade (il regno dei morti) poiché vuole conoscere quale sarà il suo destino nell’oltretomba e qui incontra Achille e Tiresia l’indovino che gli profetizzerà le difficoltà che incontrerà per tornare ad Itaca;
  • Dante non ci parla delle donne che Ulisse incontra oltre Circe… e cioè Calipso e Nausicaa.

Dante conosce la vita di Ulisse soltanto tramite Stazio, Ovidio e Virgilio e, comunque, il poeta intende nella commedia ridisegnare il mito di Ulisse accostandolo alla sua personale irrequieta e insaziabile sete di conoscenza che si portava nell’anima.

Non dimentichiamo che nel convivio aveva scritto: “la scienza è ultima perfezione de la nostra anima, ne la quale sta la nostra ultima felicitade, tutti naturalmente al suo desiderio semo subietti”.

Anche nella “orazion picciola” il poeta si identifica con Odisseo e sotto questo aspetto conferma l’immagine del simbolo incarnato dal greco della “sete natural che mai non sazia” (Pg.XXI)

Virgilio ricorda al poeta che i due greci hanno aperto la porta dalla quale “usci dei romani il gentil seme”.